Siamo sulle strade del Pakistan da meno di un giorno e l’attenzione continua a focalizzarsi sui camion che incrociamo o sorpassiamo. Con lo sguardo sorpreso dalla meraviglia, continuo a sbattere la testa al finestrino, e l’amico Fida che ci accompagna sorride, presagendo che alla fine del viaggio mi verrà il torcicollo se continuo così. Lui li chiama “truck art” e, visto il mio interesse, promette di stupirmi presto con una sorpresa.
Arriviamo a Peshawar nel pomeriggio e Fida, che non manca certo di premura e attenzione, non dimentica la parola data, e con l’auto si infratta in un dedalo di stradine periferiche della città. Sbuchiamo in un piazzale dove decine di uomini sono intenti a lavorare freneticamente. Qualcuno sta saldando pezzi di ferro, altri smontano assi di legno, insomma sembra proprio di essere in una carrozzeria a cielo aperto.
Fida mi racconta che l’arte di decorare i camion affonda le sue radici nel periodo del Raj britannico quando gli artigiani iniziarono a decorare le carrozze destinate alla nobiltà. Poi negli anni ’20 la Kohistan Bus Company Bakhsh decorò i propri autobus per attirare i passeggeri. All’inizio degli anni ‘40 vennero importati dall’Inghilterra i camion Bedford che, dotati di pannelli di legno lungo le fiancate, non potevano certo essere lasciati così neutri. Così ogni azienda iniziò a dipingere proprio il logo, anche per rendersi riconoscibile agli analfabeti, ampliando disegni sempre di più affinché fossero più rappresentativi degli altri. Non passò molto tempo che, specialmente quando le distanze dei viaggi cominciarono ad aumentare, ogni camionista iniziasse a decorare il proprio mezzo.
Mi avvicino a dei ragazzi intenti a saldare delle catenelle da applicare su un paraurti. Uno di loro mi sorride e, mentre scuote le catenelle già montate, continua a ripetermi le parole “jingle truck, jingle truck…”. Fida mi spiega che “jingle truck” è il nome affibbiato dai soldati americani durante il conflitto in Afghanistan ai camion pakistani che transitavano nel Paese. Il termine, uno scherzoso soprannome, fu coniato proprio per ironizzare sul rumore prodotto dalle catene e dai ciondoli appesi ai paraurti mentre i mezzi erano in movimento.
Uomini e ragazzi lavorano in ciabatte e senza alcuna protezione, maneggiando saldatrici, martelli pneumatici e svariati attrezzi a mani nude. L’unica regola è consegnare prima possibile il camion al proprietario per intascare la cifra pattuita che può arrivare incredibilmente fino a cinquemila dollari, il guadagno di due anni di lavoro: un vero e proprio investimento aziendale. Sicuramente soldi sudati non poco, ma altrettanto spesi bene se il risultato aumenta la visibilità. Eppure la finalità non è solo quella di accrescere il business attraverso l’estetica di una brillante strategia pubblicitaria, ma anche quella più intimista che attinge all’originalità della personalizzazione. Per il proprietario del veicolo la decorazione non soddisfa solo l’aspetto edonistico, come potrebbe pensare un europeo, ma stabilisce un rapporto intimo con il mezzo. Infatti le decorazioni possono contenere elementi che ricordano la casa dei camionisti, gli affetti e il luogo da dove spesso sono lontani per lunghi periodi. Addirittura certe volte sono i camion stessi ad essere trasformati in seconde case, anche se viaggianti, complete di divani improvvisati e cornici per foto di familiari e persone care che vivono lontano. Perfino gli abitacoli sono curati nei minimi particolari, spesso ricoperti di velluti e pellicce sintetiche.
Scene storiche e versi poetici, iconografie religiose, poesie, simboli e loghi di ogni genere, ritratti di personaggi politici, sportivi e intellettuali sono rappresentati per mostrare il gusto, il carattere e i sentimenti del proprietario.
Spesso artigiani altamente qualificati e indipendenti lavorano insieme ai propri apprendisti in piccoli laboratori a conduzione familiare, ciascuno con una specialità definita e un’etica scrupolosa. Un carosello di estro e virtuosismo che, uniti alla tecnica, creano vere e proprie opere d’arte. E intorno a questa consuetudine, divenuta più un fenomeno di costume che un vezzo o una tendenza, è sorta tutta un’economia terziaria di negozi che vendono orpelli e ornamenti.
Nel tempo questa arte ha assunto una specializzazione regionale. I camion decorati nello Swat hanno molte rifiniture con bassorilievi e intagli in legno, mentre in quelli del Punjab sono diffuse le decorazioni in metallo e plastica. A Karachi spopolano i nastri riflettenti e l’illuminazione artificiale, invece nel Baluchistan eccellono ricche guarnizioni a mosaico. E indubbiamente una delle decorazioni più particolari è quella utilizzata nel Sindth dove vengono addirittura usate ossa di cammello.
Particolarmente comuni sono i dipinti con forme floreali, improbabili caleidoscopi psichedelici speculari verniciati su questi dinosauri meccanici come una seconda pelle. Ma non deve mai mancare neppure una elaborata lavagna calligrafica come bacheca per messaggi romantici alla propria amata, o per rendere omaggio ai propri divi del cinema, alle celebrità dello spettacolo e della canzone, dettagliati con estremo sfarzo.
La “piattaforma panoramica” non è soltanto utilizzata per i carichi straordinari o supplementari quando è necessario, ma viene usata anche dai camionisti stessi per dormire la notte durante le stagioni più miti. Possiamo solo immaginare la meraviglia di riposare dopo una giornata di duro lavoro sotto le stelle di un bellissimo cielo pakistano. E ovviamente se nel resto della carrozzeria possono trovare spazio anche immagini profane, queste strutture che si innalzano al cielo sono riservate ad immagini sacre per chiedere o ringraziare delle protezioni ricevute dai camionisti. Ai meno fortunati, invece, non rimane che coricarsi sulla terra, proprio sotto il camion, anche per ripararsi dalla calura.
Anche molti autobus locali in Pakistan sono decorati come i camion, e i colori vivaci sono così famosi che hanno ispirato anche alcuni stilisti occidentali per le loro collezioni. Questa arte è così diffusa e dominante nella società che alcuni grafici collaborano addirittura con gli artigiani e i decoratori per preservare la tradizione.
Si dice che i camion più belli ottengano anche più incarichi di lavoro, alcuni davvero eccezionali come ad esempio quelli di frumento il cui carico arriva perfino a raddoppiare il volume del camion, e sembra che la polizia stradale fermi più spesso i veicoli dall’aspetto meno curato.
Il talento, l'orgoglio e l'esuberanza dell'opera rappresenta sui veicoli di lavoro comuni che circolano sulle strade di uno dei paesi più poveri del mondo, sono un monumento all’irrefrenabilità della natura pakistana. E se gli antichi cantori erranti diffondevano le storie e i miti della tradizione orale, i camionisti del Pakistan fanno circolare il loro messaggio, unico e inimitabile, con le decorazioni del proprio mezzo.