Il Maha Kumbh Mela - che tradotto letteralmente significa Grande Vaso Festa, ovvero grande festa del vaso - è un gigantesco evento religioso induista, straordinario nel suo genere, ed è da sempre il più grande raduno umano del mondo.
Le origini si perdono nell’antichità dove la storia mitologica Indiana narra di battaglie tra Dei e Demoni, e della caduta sulla terra di quattro gocce di Amrita - nettare dell’immortalità -, rendendo così questi quattro luoghi sacri agli occhi degli induisti.
Il più sacro di tutti è Allahabad dove il Kumbh Mela approda ogni dodici anni, mentre nelle altre tre località - Haridwar, Ujjain, Nashik - viene celebrato nei periodi intermedi ogni tre anni.
Lo sconfinato appezzamento di terreno che per dodici anni rimane completamente deserto, si trasforma improvvisamente in una immensa marea umana dove, per i cinquantacinque giorni della festa, gli induisti non si riconoscono più per appartenenza di casta, bensì si ritrovano uniti per fede.
Durante questa autentica celebrazione di massa vengono montati Ashram (luogo di meditazione) dove i Baba meditano, accolgono i loro seguaci, pronunciano grandi discorsi, ma anche dove raccolgono offerte, mangiano e fumano hashish. E camminando per gli immensi viali, spesso con fatica a spintoni tra la folla travolgente e la polvere della terra, è frequente incontrare storpi, lebbrosi e mendicanti che chiedono l'elemosina, ma anche fachiri distesi su letti di spine.
Al primo sguardo dei visitatori, così distanti da tali culture, appare tutto in primo luogo come un enorme circo, salvo poi, quando la compassione inizia a farsi spazio tra i sentimenti interiori, rimanere quanto meno commossi da una tale umanità.
I dati del Kumbh Mela 2013 sono impressionanti: oltre cento milioni di persone si sono bagnati nelle acque sacre, e la notte tra il 9 e il 10 febbraio erano presenti sui campi oltre trenta milioni di persone contemporaneamente. Si stenta a crederlo e viene da vacillare nel vederlo.
Eppure non si tratta di un’umanità dispersa, e lo si capisce dalla determinazione - alcuni pellegrini si sono addirittura rovinati pur di arrivare in questi giorni, affrontando ogni genere di sacrificio -, ma anche dall’unione - l’ingresso in acqua per il bagno purificatore avviene come un immenso e travolgente catenaccio umano -. Ma nonostante l'evento raccolga una così vasta unificazione di massa, il gesto racconta una certa individualità in quanto è teso alla riduzione del ciclo delle reincarnazioni, il samsara, di ognuno per raggiungere la pace assoluta e il nirvana.
Si potrebbe parlare a lungo del potere della fede, ma in questo caso le immagini documentano chiaramente fino a che punto le masse possano essere sottomesse e mosse. Ma chi sono i "reggenti in terra", i portavoce di tutta questa fede?
I Sadhu, che tradotto significa uomo santo, si distinguono perché cospargono il corpo con la cenere per simboleggiare la morte e la rinascita, altri fumano aashisa, altri ancora mortificano il corpo ad esempio tenendo alzato un braccio al cielo per sempre, causando così la totale insensibilità, oppure non sedendosi mai provocando ulcere alle gambe.
Tra le varie sette i Naga Baba sono quella più violenta, sono vendicativi ed entrano facilmente in conflitto, vivono nudi e portano armi come spade, lance e il tridente simbolo di Shiva. I Naga sono considerati gli uomini più santi perché vivono da eremiti asceti pregando per tutti gli induisti. Essi si muovono sempre in grandi gruppi anche se la leggenda narra che si spostano smaterializzandosi, e le persone riescono a vederli sono in questa particolare occasione, spiegando così la bramosia per riuscire a scorgerli sia pure per un breve attimo, senza per altro poterli toccare poiché è permesso al massimo di raccogliere la terra che hanno calpestato.
I Baba invece sono i maestri spirituali indiani che nei loro Ashram insegnano la via da seguire ai loro fedeli.
Infine i Bramini rappresentano la casta sacerdotale e sono incaricati dei rituali religiosi induisti.
Ad eccezione del giorno nessuno conosce a priori l'orario preciso del perfetto allineamento degli astri per la discesa in acqua. Solo la sera prima gli astrologi determinano il momento attraverso complessi calcoli, e magicamente tutti ne vengono a conoscenza.
Il punto invece è noto da centinaia di anni ed è la confluenza dei tre fiumi sacri - Gange, Yamuna e Saraswati -, i primi due in superficie e il terzo sotterraneo. Solo in epoca recente è stata certificata l’esistenza del fiume sotterraneo che sembra essersi interrato circa tremila anni fa dopo uno sconvolgimento terrestre; eppure gli indù conoscono da sempre il punto sacro: Triveni Sangam.
Il Governo Indiano organizza questo grandioso festival costruendo ponti mobili e alcune infrastrutture, e ponendo sulla terra sabbiosa chilometri di piastre metalliche come fossero passerelle.
Le luci ocra delle centinaia di lampioni che illuminano la notte donano a questo spazio sconfinato un'atmosfera surreale, mentre giorno e notte gli altoparlanti gridano incessantemente i nomi delle persone che si sono perse
I pellegrini, spesso accampati solo con poche povere cose e raccolti in una coperta sulla riva del fiume cosparsa di paglia per chilometri, sfidano temperature e situazioni estreme.
I Naga hanno la priorità su chiunque di entrare in acqua nel momento sacro, e nessuno ha il permesso di avvicinarsi fino a toccarli poiché al massimo è consentito di raccogliere la terra che hanno calpestato.
Il servizio d’ordine costituito da polizia con manganelli, bastoni e incredibili cavalli capaci di non imbizzarrirsi in mezzo ad una immane folla, provvede nel momento predestinato a sgombrare un’area per creare un corridoio dal campo chiuso e protetto dei Naga fino all’acqua atto a indirizzarli al punto sacro facendoli passare indisturbati in corteo.
Quando questi hanno ultimato le loro abluzioni e sono usciti viene permesso l’ingresso in acqua ai milioni di persone in attesa, scatenando così un vero e proprio delirio del bagno, con il rischio che la folle corsa degeneri in un massacro a causa del travolgente schiacciamento. E puntualmente ogni volta, anche se per casi diversi, ci sono inevitabilmente decine di morti.
Poi, quando tutto sembra essersi placato, ognuno sembra tornare alla quotidianità, senza troppi segni di soddisfazione sui volti, ma con la certezza interiore di aver compiuto il proprio dovere nel percorso di questa vita. Le persone rientrano negli accampamenti, proseguono le visite negli Ashram oppure raccolgono i bagagli per ripartire verso le loro città.
Una notte ho chiesto al Sadhu nudo e senza gambe - perse su una ferrovia, schiacciato da un treno - che stava seduto accanto a me sulla paglia umida in riva al Gange se non sentisse il freddo visto che la temperatura era di pochi gradi superiore allo zero, e la risposta, con un incredibile sorriso e annuendo ai milioni persone che ci circondavano, è stata: ma tu non senti tutta questa spiritualità?